Si è svolto questa mattina a Palazzo Baldassini l’evento “Imprese e professioni nella sfida digitale dell’Italia”, promosso dalla Fondazione Italia Digitale. Un’occasione di confronto tra istituzioni, mondo produttivo, professionisti e rappresentanti del settore tecnologico sulle traiettorie della trasformazione digitale e sulle esigenze concrete delle imprese. Al centro del dibattito l’idea che la digitalizzazione non possa rimanere soltanto uno slogan: per tradursi in progresso reale deve passare dall’adozione di strumenti software integrati, capaci di rendere più efficienti i processi e più competitivo l’intero sistema produttivo.
Dopo i saluti di Francesco Nicodemo, direttore editoriale della Fondazione, e gli interventi istituzionali di Valentino Valentini, viceministro delle Imprese e del Made in Italy, e di Alberto Gusmeroli, presidente della Commissione Attività produttive della Camera, il professore Giorgio Ventre (Università Federico II di Napoli) ha introdotto i lavori con una panoramica sul rapporto tra innovazione digitale e sistema produttivo.
La tavola rotonda “La sfida digitale: come sostenere il tessuto economico del Paese”, ha visto la partecipazione di Pierfrancesco Angeleri (Assosoftware), Fabio Mereu (Confartigianato), Paola Generali (EDI Confcommercio), Paola Fiorillo (Confprofessioni), Ferruccio Ferranti (Mediocredito Centrale), Arianna Rufini (MIMIT), Giulia Pastorella (Commissione Trasporti, Camera) e Silvio Giovine (Commissione Attività Produttive, Camera).
Dal dibattito è emersa la necessità di strumenti semplici e capillari per accompagnare la digitalizzazione delle micro e piccole imprese e dei professionisti, che rappresentano il 95% del tessuto produttivo nazionale ma hanno finora beneficiato solo in parte dei piani di transizione 4.0 e 5.0. Il settore del software, del resto, è già oggi un pilastro per l’economia italiana: nel 2023 ha occupato oltre 140.000 addetti e generato 62,8 miliardi di euro di fatturato , con i software gestionali a trainare la crescita (+23%, per un totale di 29,1 miliardi, il 46% del comparto) come mostra l’edizione 2024 dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation a cura degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con AssoSoftware. Una dinamica che non riguarda solo le imprese tecnologiche, ma che si riflette sull’intero sistema Paese con nuova occupazione qualificata e un forte indotto.
Secondo le analisi di una recente ricerca effettuata da AssoSoftware con l’Università Luiss Guido Carli, un incremento del 20% della domanda di software porterebbe fino a 9,6 miliardi di produzione domestica aggiuntiva, 4,8 miliardi di valore aggiunto e 67.000 nuovi posti di lavoro. Non a caso, le imprese con un livello più avanzato di “maturità digitale” registrano performance economiche nettamente superiori.
In questo quadro, le imprese chiedono un sistema di incentivi più vicino ai loro bisogni prendendo spunto dal modello spagnolo del “Digital Kit”, basato su voucher semplici e diretti che hanno sostenuto centinaia di migliaia di micro e piccole imprese. Un’esperienza che, come sottolineato da AssoSoftware, potrebbe rappresentare un riferimento utile anche per l’Italia, semplificando le procedure, premiando il software sviluppato in Europa e rendendo la digitalizzazione davvero diffusa.
Il messaggio emerso con chiarezza è che i software gestionali sono la base di ogni processo di innovazione: aumentano produttività, consentono di raccogliere e strutturare i dati e costituiscono il prerequisito per l’adozione di tecnologie più avanzate, dall’automazione all’intelligenza artificiale. Solo il 30% delle PMI italiane ne fa però uso integrato, un dato che segnala l’urgenza di colmare il divario con gli altri Paesi europei. Il problema ha una duplice valenza: da un lato, molte imprese non dispongono ancora di strumenti digitali adeguati; dall’altro, una parte consistente di quelle che li possiedono si trova a lavorare su una base installata ormai vetusta e obsoleta. Per questo servono incentivi mirati e programmi di formazione capaci di rafforzare le competenze digitali e accompagnare il rinnovamento tecnologico.
“Abbiamo voluto fortemente questo convegno perché crediamo che la digitalizzazione del Paese passi da un dialogo aperto tra tutti gli attori in campo. È necessario costruire un percorso che tenga insieme le esigenze delle imprese, le proposte delle associazioni datoriali e le scelte della politica. Il ruolo della Fondazione è proprio questo: creare uno spazio neutrale e costruttivo in cui mondi diversi possano confrontarsi e contribuire a delineare soluzioni concrete per accelerare il percorso di trasformazione digitale dell’Italia”, ha detto Francesco Nicodemo, direttore editoriale della Fondazione Italia Digitale.
“La digitalizzazione non è più un’opzione, ma una necessità strategica per la competitività del sistema imprenditoriale italiano e, in particolare, del terziario di mercato. Le imprese devono poter contare su strumenti semplici, concreti e accessibili per affrontare questa sfida. Come Confcommercio crediamo in un approccio inclusivo, capace di accompagnare le imprese in ogni fase del percorso, dalla formazione alla scelta delle tecnologie. È fondamentale promuovere una cultura digitale diffusa, che valorizzi le reti territoriali e le competenze del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti, delle professioni e della cultura. Solo così la trasformazione digitale potrà diventare una vera leva di crescita per le imprese e per il Paese”, ha affermato Paola Generali, Presidente di EDI Confcommercio, di ASSINTEL, con incarico alla digitalizzazione di Confcommercio.
“Se vogliamo davvero colmare il ritardo digitale del nostro tessuto produttivo, serve uno sforzo immediato già nella prossima legge di bilancio. Le esperienze internazionali dimostrano che strumenti semplici e diretti possono fare la differenza: il modello spagnolo del “Digital Kit”, basato su voucher rapidi e proporzionati alla dimensione aziendale, ha sostenuto centinaia di migliaia aziende. È questa la strada da seguire anche in Italia, per favorire una digitalizzazione capillare, sostenere i software sviluppati in Europa e rafforzare la competitività delle nostre PMI”, ha concluso Pierfrancesco Angeleri, Presidente di AssoSoftware.
“Il settore delle libere professioni, che in Italia conta circa 1,5 milioni di professionisti, è tra i più esposti ai processi di implementazione dei sistemi di AI, determinando, già oggi, un profondo cambio di paradigma nelle prestazioni, nelle competenze e nell’organizzazione degli studi professionali. Confprofessioni promuove un modello di intelligenza artificiale etica e umanocentrica, in cui la tecnologia resta uno strumento al servizio delle persone e non un suo sostituto. L’obiettivo è garantire fiducia, trasparenza e deontologia nell’attività professionale, sostenendo un uso dell’AI che valorizzi il lavoro umano e tuteli i diritti fondamentali. La vera sfida è formare professionisti consapevoli, capaci di utilizzare l’innovazione in modo responsabile per il bene comune” ha sottolineato Paola Fiorillo, delegata alla digitalizzazione e all’AI di Confprofessioni
“La digitalizzazione permette di rigenerare la nostra tradizione manifatturiera artigiana, rendendola ancora più forte e sostenibile. L’obiettivo di Confartigianato è quello di consentire agli imprenditori di partecipare alla sfida dell’innovazione per migliorare l’eccellenza e l’unicità di ciò che producono, nel rispetto delle persone e dell’ambiente. Per accompagnare le micro, piccole e medie imprese nel percorso di crescita tecnologica e competitiva Confartigianato ha avviato Gate4Innovation (G4I). Questo Polo per l’Innovazione Digitale offre alle imprese la valutazione del livello di maturità digitale, analizzando processi e competenze, evidenziando punti di forza, criticità e opportunità di crescita, oltre ad azioni concrete per l’innovazione, lo sviluppo e l’accesso a strumenti di finanziamento” ha fatto rilevare Fabio Mereu, Vice Presidente di Confartigianato Imprese.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it
