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Chi è Marwan Barghouti, “il prigioniero più importante”

MondoChi è Marwan Barghouti, “il prigioniero più importante”

ROMA – Il nome di Marwan Barghouti, in carcere in Israele dal 2002, torna nei titoli della stampa internazionale in queste giornate di negoziato che hanno portato all’accordo sulla prima fase del cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. Hamas ne ha infatti chiesto il rilascio nell’ambito delle trattative che si sono tenute a Doha, in vista della creazione di un governo tecnico. Richiesta a cui il il primo ministro Benjamin Netanyahu ha risposto ponendo “il veto”: tale “emblema del terrorismo”, ha detto, “non lascerà mai il carcere”.

Barghouti, 66 anni, è tra le figure politiche più influenti degli ultimi decenni, anche tra quella generazione di giovani nata dopo la sua condanna a diversi ergastoli, nel 2002, e cresciuta senza aver mai visto nuove elezioni, né nella Cisgiordania guidata dall’Autorità nazionale palestinese, né nella Striscia governata da Hamas. Le ultime infatti, risalgono al 2006. Entrato a far parte dell’ala giovanile di Fatah a 15 anni, si laurea in Scienze politiche e scala velocemente le gerarchie, diventando segretario generale di Fatah e poi membro del Consiglio legislativo palestinese, vale ad ire il parlamento dell’Autorità nazionale palestinese.Israele lo arresta nel 2002, ritenendolo uno dei più pericolosi “terroristi” palestinesi per il suo ruolo nella seconda Intifada – o “rivolta popolare”. Un tribunale lo giudicherà colpevole per un attacco in cui persero la vita cinque persone. Crimini rispetto ai quali Barghouti si è sempre proclamato innocente.Ancora indicato tra i leader del partito palestinese Fatah, Barghouti è tuttavia noto con il soprannome di “Nelson Mandela palestinese” per la sua lotta alla fine dell’occupazione israeliana dei Territori e del regime di apartheid.

“Barghouti è percepito dall’opinione pubblica come un eroe nazionale, un uomo integro, non macchiato dalla corruzione. Un unificatore che può riconciliarsi con Hamas e unire le fila di tutti i palestinesi” ha detto all’emittente Cnn Khalil Shikaki, direttore del Palestinian Center for Policy and Survey Research. E se a luglio 2024 l’Economist lo definiva “il prigioniero più importante del mondo” proprio per il ruolo che potrebbe giocare nel porre fine al conflitto, il governo israeliano non gli concede nessuno spazio.Nel febbraio 2024 – cinque mesi dopo l’avvio dell’operazione militare israeliana su larga scala nella Striscia di Gaza, accompagnata da un’escalation di violenze anche in Cisgiordania e Gerusalemme Est – fu annunciata la decisione di trasferire Barghouti in isolamento, accusandolo di stare pianificando una terza intifada nella Cisgiordania occupata.

Lo scorso 15 agosto, poi, dopo l’approvazione da parte dello Stato maggiore israeliano di un’ulteriore offensiva per occupare l’intera Striscia, il ministro della Sicurezza Interna Itamar Ben-Gvir si è recato personalmente in visita da Barghouti. La versione ufficiale è che l’esponente della destra estrema che invoca l’annessione totale dei Territori palestinesi volesse verificare che le limitazioni previste per chi è in isolamento fossero rispettate. Stando però al canale israeliano Channel 7, il ministro nel corso dell’incontro gli avrebbe rivolto queste parole: “Chiunque uccida i nostri bambini o le nostre donne, lo stermineremo. Non ci sconfiggerai”. Frasi minacciose, secondo la famiglia, che ha lanciato l’allarme anche sullo stato di salute di Barghouti, che nelle foto col ministro appare affaticato, il volto emaciato e magro.
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